Due o tre cose sulla Taverna del Ghetto...


Voi cristiani siete nati in una religione che in materia di cibi è assai permissiva, salvo i venerdì di Quaresima in cui la Chiesa predica l’astensione dalle carni; nella cucina ebraica i divieti non sono aggirabili e sui cibi kosher, cioè a dire i cibi consentiti, c’è sempre la lunga mano del rabbino che esercita un controllo scrupoloso. Il rabbino presenzia alla macellazione delle carni, controlla nei locali di stretta osservanza che tutto sia conforme, dice la sua persino in cantina, sorvegliando il vino nelle sue fasi di lavorazione. La sofisticazione del vino è una pratica antica – c’è chi lo colorava aggiungendo sangue di toro, chi ricorrendo a un agente di raffinamento ricavato dallo storione – ma i timori del rabbino non si fermano solo alla sofisticazione, c’è la temuta fomentazione di idolatria a cui il vino spesso induce. Persino prodotti come il brandy e l’aceto di vino devono avere il sigillo di un rabbino. Aprire un ristorante kosher non è così semplice. Occorre, innanzitutto, il "Teudà" il permesso rilasciato dalla Comunità Ebraica, e, ammesso tu riesca a convincerli di essere idoneo, aprirai un ristorante che sarà continuamente nel mirino del rabbino: ti manderà il suo controllore anche due o tre volte al giorno, senza alcun preavviso, peggio dell’antidoping coi ciclisti. Il primo ristorante kosher di carne a Roma riconosciuto dalla Comunità Ebraica è stato il mio, la 'Taverna del Ghetto'.
Sulla nostra cucina c’è molta ignoranza. Sapete che una delle guide più importanti – non faccio nomi – ci ha classificati come locale di cucina esotica? Per altri, siamo un ristorante etnico. Forse dimenticano il contributo che gli ebrei hanno dato alla cucina romana. Da dove pensano che siano usciti piatti come la minestra d’arzilla, i carciofi alla giudia, i fritti misti, gli aliciotti con l’indivia, il baccalà? C’è sempre troppa ignoranza… Tempo fa arriva da me un fattorino. Si guarda un po’ intorno, legge le insegne fuori dal locale, poi mi chiede a bruciapelo : "E’ lei il signor Kasher?". Volevo chiudere la serranda…

La Taverna del Ghetto è in via Del Portico d'Ottavia 8, Roma
Tel. 06/68809771

domenica 17 maggio 2009

Evviva il carciofo!


...il carciofo era da manuale: giusta cottura, giusta croccantezza, giusta consistenza, giusta dose di sale. Pure i filetti sono stati splendidi nella loro leggerezza, ben lontana dalla lutulenza pachidermica che spesso si riscontra in questa preparazione. Mi viene da ridere al pensare che qualcuno ritenga la cucina kosher un regime alimentare caratterizzato unicamente da rinunce. Provate il carciofo e i filetti fritti, e ditemi un po’ se esprimono rinunciataria mestizia o non, piuttosto, un godurioso appagamento sensoriale.

Qui al Ghetto il tempura lo facciamo così!


I nostri fiori di zucca ripieni sono un bel esempio di “necessità, virtù”. Non potendo farcirli con la mozzarella, li riempiamo con la cernia. La cernia durante la frittura tende a perdere un po’ d’acqua e questo conferisce ai fiori una morbidezza esemplare. Quando cucini kosher, anche un semplice purè di patate può diventare un’impresa. Il burro c’è chi lo sostituisce con olio di mais o con grasso d’oca, il latte ovviamente è bandito perché il purè è destinato ad accompagnare piatti di carne. Noi lo cuciniamo con il latte di soja. Il latte di soja è una manosanta: se ti chiedono un filetto al pepe verde, col latte di soja lo puoi fare

mercoledì 13 maggio 2009

Il segreto della mia pasta kosher




Tutta la pasta che mangi da me la facciamo in casa. Hai idea di quanto tempo ci voglia per fare una pasta all’uovo kasher? Una giornata intera. Le uova vanno controllate ad una ad una, casomai contenessero delle macchie di sangue. Queste, nella foto, sono le nostre celeberrime fettuccine al ragù di stracotto. Quando verrai a mangiare da me, dimmi che hai letto il blog e riceverai un trattamento speciale.

Sua maestà, il carciofo e il principe di tutti i tortini



Per il nostro carciofo alla Giudia usiamo diverse varietà di carciofo, a seconda della stagione. Adesso lo prepariamo coi cimaroli con cui si fa il vero carciofo alla Giudia, ma in altre stagioni dell'anno coi carciofi bretoni e coi violetti sardi. Un piatto di cui sono orgoglioso è il nostro tortino di aliciotti e indivia, un piatto di cui si conosce addirittura giorno, mese ed anno della sua nascita. Il 28 maggio del 1661 fu emesso un decreto che imponeva agli ebrei di consumare pesce e verdure “non sontuosi”, cioè non insaporiti con uova o altro. Il tortino fu la più bella risposta a quell’editto. La ricetta con cui lo prepariamo è la stessa di allora. Non abbiamo cambiato una virgola.




venerdì 8 maggio 2009

All'America di Obama piace kosher


Il ‘New York Times’ informa che la Evanger, una famosa azienda di mangimi per animali, ha messo in commercio una linea di prodotti kosher per cani con l’approvazione del consiglio rabbinico di Chicago (con l’avvertenza, però, che 'Evanger’s pet foods are not Kosher for human consumption’ casomai a qualcuno venissero strane voglie).

Il ‘Los Angeles Times’ invece rivela che le vendite di bevande e alimenti kosher sono lievitate del 41% dal 2003 al 2008 per un fatturato di 12,5 miliardi di dollari, secondo una ricerca di mercato effettuata dalla Mintel International di Chicago. Alla domanda ‘qual’è il segreto di questa koshermania?’ Mintel International risponde: "Sono aumentati gli ebrei osservanti, ma la spiegazione di questo boom va ricercata soprattutto nei consumatori non-ebrei. Oggi per un americano un prodotto con la qualifica ‘kosher’ è un prodotto di alta qualità, sicuro, sano, controllato".

Rabbini e baccalà


Il piatto preferito dal rabbino Toaff era lo Stoccafisso alla Giudia: ho ripreso quella ricetta ma siccome non amo lo stoccafisso, l’ho sostituito col baccalà. Per il resto, tutto come nell’originale: uva passa, pinoli, patate, aceto e vino bianco. Il piatto l’ho ribattezzato il Baccalà della Vecchia Storia ed è una delle specialità della Taverna di cui vado più fiero